ATTO 90

Di tutte le età passate non rimane che una città.
Passeggiare dentro le mura.
Guardare oltre le case le colline.
Contare i rintocchi di campana.
Camminare come se l’ieri fosse la fontana lasciata dietro l’angolo, e via.
Io sono stata qui molto tempo, e ho visto il sangue delle esecuzioni e il vociare della luce, topi, coltelli, campanili .
Ho navigato in una lingua come un vestito secco, allacciato al cuoio della cute.
Sono stata un’assetata, una scacchiera degli eventi, un fiocco di sangue.
Ho ucciso con delicatezza, e barattato millimetri di versi per un’orcia di vino caldo in cui affondare la precisione.
Ho avuto una gioia irriverente e qualche possibile tregua.
Ho visto molto, imparato le dimenticanze, il loro dolciare fitto in cui facevo sostare il cuore. Da lì guardavo fuori dalle fenditure.
E crescevo senza vedermi, chiedevo molta grazia a ogni falcata.
Ho mangiato carne, profumo di fuoco che si spezzava sul legno e gocciolava profumandomi le mani. Ho leccato il pane sulle preghiere, e mi nascondevo ad ascoltarne i canti e fiutare le sublimi trasparenze.
Di tutto il tempo che ho avuto qui sopra non ricordo nulla eppure coincidono le pietre senza date, il punto senza punto, un’opera compiuta di straforo, un canto sfumato nel niente del prima.
Un sembiante mi cammina sotto i passi: seguo un filo che si appoggia sulla strada.