ATTO 46
L’ Uomo Che Non Ce La Fa, è stato un bambino con le ginocchia ossute, talmente magro pieno di spigoli da tutte le parti. Capelli neri e occhi verde cristallo.
Della sua infanzia ha raccontato che c’era un cartello sulla strada statale in mezzo ai campi con scritto “Zona Depressa”.
L’acqua ovunque, la povertà, le anguille quando c’era da mangiare, un sasso bollente nelle lenzuola quando faceva freddo.
L’uomo Che Non Ce La Fa aveva venti giorni quando suo padre è morto e lui rimaneva con tre sorelle e una madre incazzatissima. L’Uomo Che Non Ce La Fa ha capito a un certo punto che il padre non l’avrebbe conosciuto mai e sarebbe rimasto una cosa a ronzargli intorno come una bolla nera con cui incazzarsi soltanto.
La madre si era infilata su una bicicletta alle cinque del mattino a fare l’operaia per sfamare i figli.
Così L’Uomo Che Non Ce La Fa è entrato in un collegio e lì ci è restato assieme alle sue ginocchia ossute. Le suore davano ordini mentre lui metteva assieme le tre magliette striminzite con le sue poche scheletriche idee su quella roba che doveva chiamarsi vita. Lui le odiava le suore. E pure quel collegio in mezzo alla campagna.
E quando era diventato più grande gli avevano detto che lui no, era “figlio unico di madre vedova” non doveva andare a fare il militare.
Erano arrivati tutti a Milano e c’era una casa di ringhiera, i primi lavori e tutto il resto. Un ben di dio da guardare e da desiderare. I primi stipendi, la ditta che cresceva, le manifestazioni, la lotta di classe contro i padroni che sono tutti degli stronzi.
L’Uomo Che Non Ce La Fa da sua madre ci andava a mangiare le anguille che a Milano le vendevano al mercato oppure, le quaglie con la polenta. Lei aveva trovato da fare le pulizie e sistemare la corrispondenza nello studio di un grande pittore.
Poi si era iscritto alle liste per fare lo scrutatore, erano gli anni dei referendum e c’era un sacco di lavoro da fare in quella società di merda. L’Uomo Che Non Ce La Fa aveva attaccato bottone con una ragazzina bruna che era lì con lui a sistemare le schede dei votanti. Scopre che è iscritta a un partito vicino al suo e si è appena laureata, con una tesi sulla “Politica culturale del Partito Comunista”. L’Uomo Che Non Ce La Fa e la ragazzina si sposano dieci mesi dopo. Lei gli aveva comprato delle magliette nuove e gli aveva insegnato a nuotare. Per lui una data valeva l’altra ma lei aveva scelto il 14 luglio che era la data della presa della Bastiglia, perchè doveva essere un giorno importante e lei la storia l’aveva studiata.
L’Uomo Che Non Ce La Fa scopre che essere sposati è quella cosa lì, discutere con la donna che vuole lui abbia almeno un diploma.
Allora L’Uomo che non Ce La Fa si sedeva scocciato a studiare con lei che gli spiegava le lezioni. Lei che dopotutto era la figlia di un capitalista perchè il padre si, aveva fatto il contadino ma poi si era comprato le terre ed era diventato un padrone pure lui.
L’Uomo Che Non Ce La Fa si sente dire insensibile e spesso la vede piangere senza un perchè e non sa cosa dire quando lei si chiude in bagno.
I bambini crescono e lei si fa sempre un sacco di problemi e li porta dal pediatra anche quando non serve. E poi c’è sempre la suocera tra le palle che aiuta in casa e prepara i minestroni e stira le camicie, ma è sempre in mezzo ai piedi.
La bambina qualche volta apre la sua borsa da lavoro e osserva con attenzione le carte e la penna d’argento. L’Uomo Che Non Ce La Fa è sempre fuori e con i suoi figli non parla perchè non sa parlare lui.
L’Uomo Che Non Ce La Fa non da’ carezze e comunque, le dita gli sono rimaste ossute e dopotutto le carezze non gli sono mai venute bene. Lui è il padre, ma se lo dice ai suoi figli, loro si mettono a ridere.
I bambini crescono e si permettono anche di trattarlo male. A lui, che un padre nemmeno ce l’ha avuto.
E si permettono anche di chiedere, a lui, che è un Uomo Che Non Ce La Fa e nessuno gli ha regalato niente.
Dopo sedici anni se ne va da quella casa, ed è sempre un uomo magrissimo. Qualcuno gli dice che lui è uno di quegli uomini che con l’età si fanno più belli e lui pensa che forse è vero.
L’uomo Che Non Ce La Fa non vuole vivere da solo. Si mette insieme a una donna della ditta e vanno a vivere insieme dopo che lei lascia il marito.
L’uomo Che Non Ce La Fa si mette con quella donna che sa fare tutto, che decide tutto, anche che lui a prendere una pizza da solo con la figlia non ci deve andare, senza di lei.
Lei decide che quella figlia è una capricciosa e L’uomo Che Non Ce La Fa pensa che si, forse ha ragione, in fondo assomiglia a sua madre e sta sempre a chiedere.
La donna che sa fare tutto pensa i pensieri che L’Uomo Che Non Ce La Fa non riesce a pensare. Quanto lui non esiste, tanto lei vive alla prima persona singolare: questo mi piace, questo voglio, ho fatto, ho detto, ho visto. In questo modo come due spazi molli di dare e avere si riconoscono: uno sventola dove l’altro si inginocchia.
L’Uomo Che Non Ce La Fa e la donna che sa fare tutto si riversano in un’ampolla di abitudini, lei fa la maionese e lui toglie le lische al pesce, sempre lo stesso pesce buono. Lo stesso giornale che gli attesta le loro giuste idee sul mondo e i loro passati orgogli di quando facevano le manifestazioni per cambiare il mondo. Mica questi quarantenni svogliati e stanchi.
L’Uomo Che Non Ce La Fa trascorre le vacanze tre mesi all’anno nello stesso campeggio sotto gli eucalipti insieme alla donna che sa fare tutto. La mattina si preparano i panini e si può scegliere se il tonno o il pomodoro, la maionese quella c’è sempre.
Il nipote dell’Uomo Che Non Ce La Fa è un ragazzino che a tavola parla sempre e sta seduto male e si butta sul cibo come un’affamato. La donna che sa tutto dice che quello si chiama essere maleducati, altro che roba. Il ragazzino è andato a trovare il nonno prima che la figlia dell’Uomo Che Non Ce La Fa passasse a riprenderlo.
La donna che sa tutto pensa che è una vergogna che L’Uomo Che Non Ce Fa abbia portato in barca la figlia quando è arrivata, insieme a quel ragazzino maleducato. Non ci doveva andare, senza di lei. Ma l’Uomo Che Non Ce La Fa non sa dire niente perchè lui non sa cosa dire, lui non ce la fa.
Così la figlia dell’Uomo Che Non Ce La Fa quando lo chiama mentre sta lavando i piatti si mette a piangere e gli dice che gli vuole bene e pensava che avrebbero potuto passare qualche giorno buono insieme una buona volta e che sentire dare del maleducato a suo figlio è stato molto pesante sentirlo da quella donna, e perchè permette ancora quella roba lì, perchè permette che lei parli e pensi sempre al posto suo e allora L’Uomo Che Non Ce La Fa si esaspera e si mette a urlare e lascia la figlia ancora una volta, che palle tutta questa roba e tutte queste parole e tutte queste donne.
L’Uomo Che Non Ce La Fa si dissolve sotto gli eucalipti, deve andare a prepararsi il panino.