ATTO 44
Evitare i treni, gli aereoporti e i parco giochi.
Non iniziare discorsi sul senso della vita.
Quando i familiari fanno partire il loro disco, andarsene.
Camminare a piedi fino a piazza del Duomo e ritorno.
Occhiali da sole sempre a portata di mano per tracolli di lacrime improvvise.
Sdraiarsi sull’erba (meglio se sotto la pioggia) e poi quando in giro non c’è più nessuno, urlare al cielo Ma che cazzo vuoi da me ? Poi infilare le mani nella terra bagnata e fare lunghi respiri sentendosi una creatura selvaggia e ultraterrena.
Ficcarsi in un libro classico tipo Moby Dick o Il maestro e Margherita.
Guardare su youtube filmini sui pianeti contenuti nelle galassie che sono contenute da altre galassie che contengono pianeti che a loro volta contengono altre galassie . Zoomare molte volte le sequenze in avanti e indietro.
Girare con un libro di poesie in tasca e aprirlo a caso ai semafori. Imparare a memoria una frase ogni giorno finchè si mescoli nel sangue e sia certo di averla scritta tu.
Danzare fino allo sfinimento in sala e in cucina evitando gli spigoli dei tavoli. Va bene anche musica tamarra o hard core.
Fare le scale all’insù e all’ingiù senza senso.
Piantare in asso gli amici quelli solidi che hanno addosso sempre la stessa pelle, fanno sempre gli stessi discorsi ma solo loro possono capire un avventuriero come te.
Girare a zonzo in una città che non hai mai visto fregandotene dei monumenti interessanti e con l’unico obiettivo di perderti. Sapendo che perderti quando cerchi di farlo, è difficilissimo.
Tenere la casa in ordine perfetto quasi maniacale. L’ordine può penetrare per osmosi.
Evitare gli amici che non si emozionano dei prodigi e fanno finta di non sapere che tu scrivi.
Non fare cene in location in cui bisogna parlare infarcito di inglese o dire cose interessanti o risultare simpatici e colti a chicchessia.
Pagare chi ci pulisce la casa ma abbia impulsi intraprendenti tipo rivoluzionare le mensole o comprare delle scatole nuove per gli armadi.
Non avere nessuna frequentazione con i pudici d’anima e gli stitici di natura.
Nulla vale di più di un piatto preparato da un amico che non aveva niente da prepararti ma ti ha voluto lì con lui.
Guardare le montagne.
Andare in montagna e guardare giù come se fossi in aereo osservando le strade e le macchinine.
Nei giorni di vento sdraiarsi sull’erba e stare una mezz’oretta a guardare i rami.
Trovare una persona fidata che cucini per noi (e non si spaventi se appena ci porge il piatto scoppiamo in pianto dirotto)
Accarezzare un cane o un gatto guardandolo negli occhi.
Trovare una sequenza breve di cinque parole che ci piacciono ed evocano sensazioni positive, possibilmente nominalizzazioni, e ripeterle a manetta appena apriamo gli occhi la mattina e ci rendiamo conto che inizia un’altra giornata in cui dobbiamo attraversare l’insopportabile. A un certo punto la mente entra in una sorta di stato meditativo di pienezza vuota.
Praticare la leggerezza profonda con il corpo. In parole molto più povere percepire la testa come se fosse posizionata ad altezza delle ginocchia e andare in giro tenendo la mente a quell’altezza li. Insomma, diventare un ginocchio con tutto il corpo intero.