ATTO 116
Abbiamo iniziato la numero uno, abbiamo allungato il braccio, abbiamo visto l’aggeggio uscire dalla vena, abbiamo guardato le bustine di liquidi, abbiamo risposto cento volte alla voce dell’infermiere che chiede la data di nascita a ogni mossa che fa. Abbiamo chiuso gli occhi, abbiamo indossato la cuffia, abbiamo immaginato i farmaci come un liquido azzurro e abbiamo iniziato a narrarci una storia, vera, falsa, viva, assurda, reale, come tutte le storie. E la storia diceva che quei farmaci erano stati visti, immaginati pensati, analizzati e studiati e avevano preso corpo dentro la mente di qualcuno con una faccia e un’espressione, e un colore di occhi e un colore di capelli, e con le sue mani che digitavano sulle tastiere erano entrati in numeri codici e analisi e poi nel tempo erano usciti da quel posto piccolo, e avevano cominciato a muoversi a circolare, in studi e progetti sconfinati e riscritti e ribaltati , e ora arrivavano a me, una paziente, un tipo di tumore Her2, seno sinistro e vene calde, da menti lontane si collegavano a una donna che verosimilmente sono io, e in un tubo di gomma gocciolavano in me, e diventavano bollicine azzurre, e poi linfa gialla che usciva dalle buste di plastica, e arrivava in una stanza d’ospedale con le donne pelate e la nebbia fuori e l’autunno che inghiotte, ma quello era solo lo sfondo di carta della storia. Un dettaglio , in fondo. Una collana stretta di dettagli. I fogli spaccati e stracciati di una storia che non ha libro, nè voce, nè disegno, nè pagina.
E allora abbiamo cercato di prendere tutto questo nelle vene e nella testa e nel cuore e nel petto , e abbracciare questo E’ COSI’. E poi siamo state male e ci siamo rotolate addosso nel corpo e in tutti i corpi, e la nausea è questa e questa è la pancia, e questo è lo stomaco, e questa è la testa, e queste le labbra, e questa la lingua, e questi i capelli e questo corpo che ora entra nell’ignoto e viene trapassato dall’inverno e una bimba piccola apre gli occhi alla storia e i suoi occhi vedono la voce e leggono il profumo, e ha la paura grande del buio spalancato sui denti e la donna la tiene stretta e la porta avanti piangendo perchè lei sa, la bimba no, che esiste la strada e se la sente respirare intorno. E abbiamo chiesto alla strada di respirarci e abbiamo fatto un buco nel nulla per metterci dentro la testa.