ATTO 26
In questi giorni mi sta visitando una volpe. Guizza fuori dai tronchi muovendo l’aria con la sua lunga coda. Si è abituata a non essere vista. Il fogliame le offre protezione mentre scompare nel lussureggiante sottobosco.
Le foglie se ne vanno e la neve inizia a danzare posandosi sui muschi.
Uscire dal bosco per la volpe è difficile.
Ha gli occhi lucidi come mandorle accese.
Si è adattata a quello che c’era e tanto ha osservato con arguta velocità.
Sa molte cose ma fintanto che nessuno la vede, nessuno le sa.
Porta con sè una medicina e sa che io non voglio essere curata. O meglio, non è del tutto vero: io vorrei già essere guarita senza fare nessuno sforzo. Io come lei vorrei stare nel bosco, invisibile, ma ora è finito il tempo di razzolare per terra e ora bisogna diventare albero. Ora si deve uscire dal fogliame e dalle cortecce e uscire all’insù coi rami verticali e un fuoco d’artificio sulla testa.
Ero lì seduta per terra in mezzo alle donne che ridevano e qualcuno ha tirato fuori delle carte dicendo che adesso dopo il vino e la farinata di ceci, si facevano cose mistiche. Qualcuno me la ficcata in mano, la carta. Una ha sussurrato che erano le famose Carte Medicina. Evvabè. C’era il disegno della Volpe.
Il tempo dell’invisibilità sta per finire.
Devo uscire.
Non ha più senso stare qui dentro da soli. C’è troppo silenzio, troppi odori di animali, troppe impronte coperte dalle foglie, troppo pelo sopra la pelle, troppa terra dentro i piedi.