ATTO 56
Rendo onore ai martiri. Invisibili, ma coi giubbini rivestiti di blu stella. Il martire è un dio sotto mentite spoglie, il dio della sua vita. La sua meravigliosa vita. Gloriosa condizione che gli è destinata non appena avrà superato la metà delle tappe previste per il suo martirio. Ogni tappa, il martire si aspetta che sia l’ultima. Invece voi sapete bene che il martirio, per sua natura è senza fine. La sua vita è grande e potente, ma saperlo non gli è concesso.
Sa bene che un cielo si muove dietro le case, che una notturna vita silenziosa fa crescere le foglie e chiude i fiori fino al mattino.
In realtà le vite che vive sono due. Nella prima vita gli danno del pazzo, i pazzi. Una numerosissima serie di persone è impegnata a cacciargli sotto la fronte un terzo emisfero. Un’aria appestata di voci insane che il martire conosce benissimo. Voleva aiutarli, ma i pazzi l’hanno tradito e hanno fatto rinchiudere lui. E siccome il martire è lui, è lui che va a farsi curare. E’ lui che compra le medicine. E’ lui che si siede sulla sedia del dottore, perchè i pazzi sono restati a casa, e gli urlano dietro. Il martire fa il lavoro per tutti quanti.
Poi in un tutto questo scoprire, incidere, entrare, sollevare, scardinare, il martire inizia a scendere nelle profondità con una certa frequenza.La sua seconda vita. Muove le tende nere e solleva i rossi lembi della pelle. Nel farlo ha una certa propensione, un certo talento. Gli piace molto quella sua seconda vita. Connessioni neurali con mondi umani dove ci sono solo voci sane, dense di importanti segreti. Lì il martire comprende sotto le parole grazie a una pulsazione di somiglianza. E’ la terra dei ponti, delle visioni pregne, delle relazioni elette. I frutti gli balzano in mano a grappoli, le veneri escono fuori dalle conchiglie. Nella sua seconda vita il martire si accorge che ha il potere di far balzare fuori la gente dal limbo tremulo in cui si va a rinchiudere. Insomma ha incisività, una bellezza solo sua, una luce certa, il martire. Si accorge che quella profondità è l’unica cosa che gli interessa. Si accorge che lì può bere acqua dove gli altri bevono solo sabbia. Nella seconda vita arriva solo acqua. E in mezzo, grappoli di uva dorata.
Poi però deve tornare a casa. Sa che c’è sempre un “tornare a casa”. Siccome lui è un martire, no, non è un pensiero confortante. E’ il suo eterno ritorno, il suo chiudere la porta e il lasciare alle spalle, infinito . Un giorno accetterà che quel “tornare a casa” lo sentirà sempre, perchè è parte di lui, è un pezzo cellulare della storia che il mondo gli aveva raccontato. Ma mentre torna a casa ancora e ancora, e vive le sue due vite accese, si accorge che la sua seconda vita viene fuori da tutte le parti, come una pianta tropicale che sbuca dalle finestre celesti. Le radici lo chiamano dovunque e si afferrano ai talloni. Ha bisogno di una fisiologia che sostenga il suo inferno, così a sprazzi si fa prendere da una voce lamentosa, così i pazzi tornano a riconoscerlo. Gli prende una furia cieca e così i pazzi tornano ad accusarlo delle sue colpe. Del resto la sua casa è quella lì; ma ora questa cosa lo fa incazzare a morte.
Ora il martire ha bisogno di una preghiera. Ha bisogno delle forze di Dio chiamate a raccolta sul banchetto del suo Intento. Sa di essere ascoltato ma non può chiedere più nulla. Ora può farcela solo con la forza della sua Immaginazione. Il martire adesso ha bisogno di una pietra e di una tomba. Deve inventarsi qualcosa: una specie di Tempio Maya del suo martirio. Ci porta un sasso, ogni volta che i pazzi lo trattano da pazzo e si scaricano scalciando su di lui. Ogni volta che la furia cieca si materializza il martire porta una pietra al suo tempio, e se la lega ai piedi come solo un vero martire sa fare.
Si accorge che nel regno indistinto il tempio Maya cresce e sale alla luce. Allora succede un paradosso: più il tempio sale più la sua Accettazione cresce. Sta cominciando ad accettare il suo destino. Il paradosso è che quel destino adesso lo risceglie. E’ grazie ai pazzi che è diventato un guaritore. Grazie alla sua prima vita che ora può sentire così tanto la seconda. Che può sentire tutto così intensamente, solo dopo quell’addestramento da marines che era stata la vita a dargli la laurea. Il martire sa che va al martirio ogni volta e ci può pure sorridere su. Da’ per scontato che perderà e quindi non ha più niente da perdere. Il martirio è un’Illusione.